Momentary Monument

IL MONOLITE DI LARA

Non può non appartenere alla serie Momentary Monuments – inaugurata nel 2009 –  l’enorme blocco di granito di Lara Favaretto, che l’artista italiana ha letteralmente eretto a mo’ di monumento nel bel mezzo del Graben, centralissima strada pedonale tra le più rappresentative della metropoli austriaca. Ha la caratteristica invisibile, ma dichiarata, di essere vuota al suo interno. Molti i rimandi paradossali: ad esempio, se di norma i monumenti cittadini tendono a essere installati “per sempre”

Lara Favaretto, Momentary Monument – The Stone

e ben mantenuti, questo “monumento” ha durata effimera, pur se realizzato con un materiale indistruttibile. Infatti è destinato ad essere rimosso a tempo debito, poi totalmente sgretolato, i cui detriti avranno un impiego ulteriore. Il granitico parallelepipedo presenta la caratteristica di avere, in uno dei lati, una fessura per donazioni di denaro a sostegno di una organizzazione filantropica non profit.

Lara Favaretto, Momentary Monument – The Stone (dettaglio)

Cosa non sufficientemente spiegata, con la comica conseguenza che molte persone intendono la fessura a guisa di una replica moderna della “bocca della verità”. L’opera è di committenza KÖR, sigla che sta per “arte negli spazi pubblici”.

Fino al 5 novembre 2021
Lara Favaretto. Momentary Monument – The Stone
KUNSTPLATZ GRABEN
Graben (altezza civico 21)
a cura di KÖR
www.koer.or.at

Vienna Biennale For Change 2021

IMMAGINIAMO CHE IL NOSTRO PIANETA ABBIA UN FUTURO

Superflux, Invocation for Hope, © Stefan Lux/MAK

Tra le mostre in corso, sul fronte museale si affacciano tematiche ambientali e green a denunciare che, se non ora, quando? Quando si comincerà davvero a fronteggiare sistematicamente e in modo globale l’inquinamento generalizzato e il surriscaldamento climatico del pianeta? Perché c’è l’estrema urgenza di fare leva su nuovi modelli antropologici ed economici!

Si occupa del pianeta la quarta Biennale viennese, con mostre, progetti ed eventi dislocati in cinque diverse istituzioni di cui il MAK (Museo Arti Applicate) è l’epicentro. Le altre tappe: Universität für angewandte Kunst, Kunsthalle, Kunst Haus, Architekturzentrum. Immaginiamo che il nostro pianeta abbia un futuro, recita il titolo di una delle esposizioni. Il focus è essenzialmente su come potrebbe apparire la sostenibilà, ispirata da concetti entrati nell’immaginario, quali Climate Care e Planet Love. E non ultimi, quali impulsi potrebbero essere forniti da arte, architettura e design, nell’era digitale. Ma c’è il sospetto che siano “troppo umane” certe ambizioni affidate alla creatività artistica.

Una delle installazioni più efficaci e dirette di questa biennale è proprio al Mak, opera del collettivo anglo-indiano Superflux. In una grande sala allestita come un moribondo paesaggio boscoso, si percorrono dei sentieri tra alberi inariditi da incendi. Eppure, simbolicamente, i sentieri portano ad una fonte d’acqua che ha il potere di ridare vita alla natura.

Fino al 3 ottobre 2021
Vienna Biennale For Change: Planet Love
ideata e diretta da Christoph Thun-Hohenstein
MAK – Museum für Angewandte Kunst
Stubenring 5
e altri luoghi
www.viennabiennale.org

Settembre viennese. La città e l’arte

Vienna, dove l’Angelus Novus dell’arte non si volta a guardare le macerie del passato. Progetta illimitatamente quelle del futuro

DINAMISMO IRRESISTIBILE NEL TERRITORIO DELLE ARTI CON PIOGGIA DI CURATORI INTERNAZIONALI TRA CUI MOLTI ITALIANI. SETTEMBRE SI APRE COME DI SOLITO AGLI AVVENIMENTI FULMINEI DAL CARATTERE SPICCATAMENTE INTERNAZIONALE. COME LE DUE PRINCIPALI FIERE, VIENNACONTEMPORARY E PARALLEL, SEGUITE DALLA DESIGN WEEK E INFRAMEZZATE DA ALTRE KERMESSE. MA È LA CITTÀ STESSA IN GRANDE FERMENTO ECONOMICO E SOCIALE, ESIBENDO QUASI UN MUTAMENTO GENETICO. 

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Un anno fa l’intellettuale Michel Houellebecq, ex-enfant terrible della letteratura francese contemporanea, aveva clamorosamente diagnosticato, contro il pessimismo generale, che dopo la pandemia tutto sarebbe tornato “come prima”, eventualmente “solo un po’ peggio”. Non pare che i fatti stiano dando ragione all’una o all’altra posizione, poiché oggi, aboliti molti divieti di sicurezza sul piano dei comportamenti sociali, le metropoli europee, pur con la variante Delta in persistente agguato, stanno mostrando un inatteso slancio vitale. Pensano al futuro con un forte senso di riscatto nel dar spazio alla creatività.

IKEA am Westbahnhof, architetture: querkraft Architekten

SKY LINE E CAPITALISMO

D’altronde, nella storia son sempre state le avarie sistemiche a innescare processi evolutivi. A Vienna, poi, qualcuno saprà pur spiegare il perché dell’attuale, straordinario boom edilizio, agevolato da regolamenti a maglie molto larghe, produttivo di un vertiginoso aumento dei costi immobiliari, e funzionale ad una sostanziosa speculazione. Beninteso, nulla a che vedere con formule superbonus 110% o provvedimenti simili. Piuttosto un fenomeno che, se già da qualche tempo era in corso, ora si manifesta in forma esponenziale e trionfante. Sorvolando la città semplicemente con lo sguardo – poniamo, dalla terrazza al settimo piano del nuovissimo, centrale, e molto sui generis, edificio Ikea, appena inaugurato a ridosso della Westbahnhof – si resta colpiti dalla selva di gru cresciuta silenziosamente un po’ ovunque. Il che significa non una espansione del territorio metropolitana, ma una massiccia “densificazione” delle cubature in molte aree della città. Palazzi che s’innalzano di alcuni piani con soluzioni tecnicamente avanzate, oppure vecchi edifici, o interi isolati, abbattuti, o in procinto di esserlo, a favore di nuove configurazioni architettoniche; una cosa simile riguarda, in parte, anche aree comunali inutilizzate e ora privatizzabili per la creazione di attraenti quartieri residenziali, destinati per lo più a ceti benestanti.

A CHE PUNTO È LA METROPOLI COSMOPOLITA

Vienna potrebbe apparire irriconoscibile a chi non la frequenta da qualche anno. Densificazione è insomma la parole chiave di una capitale divenuta, per altro verso, molto attiva nell’attrarre investimenti finanziari interni ed esterni, tanto da sovvertire una tradizione che la identificava come oasi pacificata e “felice” tra molteplici versanti culturali e multietnici. E allora, era forse il presagio di questa sorta di frenesia post-pandemica a far immaginare all’acrobatico Houellebecq che alla fine il mondo sarebbe stato “solo” un po’ peggio?

IL TEATRO FIERISTICO CAP. 1

Per qualche motivo di rivalità concorrenziale, Viennacontemporary (2 – 5.9, in Postgasse 10, 1.Distretto) ha optato per il cambio di sede: non più l’ottocentesca e vasta struttura industriale della Marxhalle, d’altronde un po’ fuori mano, ma un centralissimo edificio monumentale in stato di restauro, privo perfino dell’intonaco. Detto altrimenti, si entra in un cantiere edile, in una porzione ridotta della Vecchia Posta, caratterizzata da ambienti piuttosto angusti con stand espositivi tutti identici, dalle dimensioni di un metro di profondità per sei di ampiezza. Una dislocazione a misura “domestica”, rendendo più diretto e personale il rapporto tra espositori e pubblico.

Vienna Contemporary 2021, Doris Ghetta (Galleria Doris Ghetta, Ortisei, BZ)

Per la difficoltà dei trasferimenti internazionali e non solo, questa edizione si presenta con un numero molto ridotto di espositori. Eppure, conversando con Doris Ghetta, titolare e direttrice dell’omonima galleria di Ortisei, l’unica italiana presente alla Viennacontemporary, ci confida che “anche piccola è bella”, rinnovando il suo gradimento per questo specifico evento annuale che per la quinta volta la vede presente e molto attiva insieme a un team di collaboratori, e con opere di Sergiu Toma, Leonardo Silaghi, Robert Bosisio, Hugo Vallanza, Arnold Holzknecht, Walter Moroder, Aron Demez, Martina Scheckholzer.

IL TEATRO FIERISTICO CAP. 2 

Com’è nel suo DNA, Parallel (7 – 11.9, in Hockegasse 37, 18.Distretto) prende le distanze dalle “solite” fiere, sia per spirito d’avanguardia nel proporre spazi e modelli di gestione, sia nell’instaurare dialoghi alternativi tra artisti, opere, curatori, galleristi e pubblico. Nomade e compulsiva come sempre, questa edizione prende dimora lontano dal centro, in 177 stanze, distribuite in due palazzine di un secolare policlinico in disuso. Della sua storia ne risentono gli artisti che per la maggior parte affrontano tematiche, per così dire, clinico-diagnostiche sul corpo umano e sociale. Pertanto, nel transito dal passato al futuro, le prospettive piegano verso l’inquietudine. Tra l’inesauribile frammentazione di opere e di contenuti, l’artista italo-austriaca Sissa Micheli, al contrario, dà ordine alla sua stanza, esponendo “archetipi” d’alluminio satinato, in equilibrio dinamico tra sagomatura e ripiegamenti: secondo le intenzioni dell’artista, è una dedica al saggio sul barocco del filosofo Gilles Deleuze (titolo originale: Le Plie. Leibniz e le Baroque). Il gioco “baroccheggiante” continua tramite foto a parete in cui delle figure concepite enigmaticamente si mimetizzano in un ambiente uniformemente oscurato.

 

Parallel 2021, Sissa Micheli: On Transient Phenomena / Copyright: Courtesy Sissa Micheli

DALLA MUSICA ALLA PERFORMANCE

Nel territorio delle arti performative, tra musica, danza, teatro e altre forme espressive, la capitale austiaca vanta un festival di alto livello denominato semplicemente Wiener Festwochen (Settimane in festa viennesi); può benissimo essere paragonato al nostro Festival di Spoleto, solo che è stato creato alcuni anni prima. Giungendo alla settantesima edizione, e avendo in arretrato un anno di inattività, ha voluto sottolineare l’arricchimento del suo programma adottando un titolo maggiorato, “Mesi in festa”. Tra gli eventi collaterali del festival, Keynotes è una riflessione sulla performance come forma d’arte con partecipazione di personaggi di rango. Tra questi, ha tenuto la sua lectio Silvia Bottiroli, studiosa del genere, con esperienze artistico-direttive di istituzioni come il DAS Theatre di Amsterdam, e ora come co-curatrice al Freespace West Kowloonuna di Hong Kong. Nel suo intervento intitolato An experience that belongs to nobody ha spiegato come la performance sia un’esperienza collettiva che viene vissuta in modo differente dalle persone che, fattivamente e non, rientrano nel contesto; pertanto è un evento impersonale, che in senso interpretativo non privilegia alcuno in particolare.

PARRENO LISSONI SEHGAL

Sotto i riflettori di Keynotes è passato anche un incontro tra l’artista Philippe Parreno e Andrea Lissoni, l’attuale direttore artistico della Haus der Kunst di Monaco di Baviera. Tra i due la conversazione ha illustrato il concetto di Whenabouts che sta a significare un qualcosa non ancora definito che dovrà accadere, topos ricorrente del genere performance. Parlando dei suoi due film in preparazione, l’artista ne ha offerto le coordinate ponendo l’accento sull’incognita finale; in uno, raccontando in quale modo ha concepito lo spazio poetico ispirandosi ai “quadri neri” di Goya; nell’altro, ispirandosi a Frankenstein, rileggendo l’opera letteraria di Mary Shelley.

Wiener Festwochen 2021, Mitten am Abend, Keynotes: Philippe Parreno e Andrea Lissoni

Apriamo una parentesi per segnalare che, esattamente nei giorni di questi incontri, nella non lontana città di Graz – dove è in corso un altrettanto impegnativo festival delle arti intitolato Steirischer Herbst – era al lavoro Tino Sehgal. Il magistrale autore di performance ha messo in scena all’aperto una inedita “situazione costruttiva” con 35 “attori” i quali, mescolandosi tra la gente, interagivano seguendo tuttavia determinate direttive. Dall’alba al tramonto per quattro giorni, dal 9 al 12 settembre: tanto è durata questa nuova performance di Sehgal!